Estate rovente

di Roberto Messa

(editoriale TCS giugno 2018)

TCS-0618Momenti storici drammatici come quello che stiamo attraversando ci portano la dimostrazione che gli scacchisti non vivono in una torre d’avorio e che il motto “gens una sumus” è ed è sempre stato una pia illusione. Nei grandi conflitti del Novecento gli scacchi sono stati in molte occasioni veicolo di propaganda politica, prima della seconda guerra mondiale specialmente da parte del nazismo, nel trentennio seguente da parte dell’Unione Sovietica, fino al match del 1972 tra Spassky e Fischer: una piccola farsa della guerra fredda. In seguito la contrapposizione tra Karpov e Korchnoi è stata cavalcata, dagli stessi protagonisti, come una sfida tra la superpotenza comunista e l’esule filo-occidentale. Poi è arrivato Kasparov a farsi interprete, non disinteressato, negli anni giovanili delle spinte di rinnovamento che di lì a poco avrebbero portato allo sgretolamento del sistema comunista, in quelli della maturità dell’opposizione anti Putin, che gli è costata un paio di brevi soggiorni nelle galere russe, fino al volontario esilio negli Stati Uniti, dove risiede abbastanza stabilmente dopo aver preso la cittadinanza di un paese dell’Unione Europea, la vicina Croazia. Bisogna dire che dagli articoli antisemiti di Alekhine a quelli di Kasparov sul Wall Street Journal, dalle telefonate tra Botvinnik e Stalin ad alcune interviste di Fischer e Korchnoi, i campioni di scacchi non hanno esitato a compromettersi politicamente, con abbondanti dosi di livore, di contraddizioni e di tornaconto personale, come del resto facciamo tutti, più o meno consapevolmente.
Perché rispolverare queste vecchie storie? Perché scrivo questo brutto editoriale nella brutta e insonne notte del 27-28 maggio, tenendo un occhio su Facebook, dove scacchisti italiani noti e meno noti sembra vogliano in gran numero dare la stura a una sorta di guerra civile pro o contro il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Anche nel nostro piccolo ambiente scacchistico, bisogna dirlo, gens una non sumus, se guardiamo alle contrapposizioni e alle polemiche che avvelenano, seppur a dosi intermittenti che ci hanno quasi mitridatizzato, sia la scena nazionale che quella internazionale, dove si affilano i coltelli in vista delle elezioni per la presidenza della Fide che si terranno in ottobre.
La chiudo con una maldestra capriola per riportarmi sulla prima traccia di questo editoriale, che voleva – e a dispetto di tutto vuole ancora – esortare i lettori a ritrovarsi al mare, in montagna o dove piace in uno dei tanti festival e tornei, per trascorrere una settimana o almeno un weekend in compagnia di altri scacchisti e col solo pensiero del nostro amato gioco.
Il sommario del numero di giugno in formato RTF