Cinema muto: “La febbre degli scacchi”

di Ettore Ridola
(da “Mosse pericolose”, ediz. Messaggerie Scacchistiche – 1995)

Il famoso regista russo Pudovkin, allievo di Kulesov ed esponente dell’avanguardia cinematografica nata dalla rivoluzione bolscevica, firma nel 1925 una breve pellicola dedicata agli scacchi. È Shakhmatnaya Gorjacka (La febbre degli scacchi), considerato dagli storici un piccolo capolavoro di humour, sintesi delle tendenze artistiche che emergevano tumultuosamente in quel periodo: il «cine-occhio di Dziga Vertov, il «costruttivismo» del già citato Kulesov, «l’eccentrismo» di Kozincev e Trauberg.chess_fever
Il regista vuole soprattutto mostrare le possibilità offerte dal montaggio (inteso come ricomposizione illusoria della realtà), dal cui uso spregiudicato nascono gags a getto continuo, venate da un suggestivo simbolismo. Troviamo così cuciti insieme personaggi e situazioni che non hanno nulla in comune, associati in una storia comune. Si inizia con alcune scene reali tratte da un torneo di scacchi (una folla di appassionati che si agita nel seguire le gesta dei suoi beniamini). Appare quindi una didascalia ad informare lo spettatore che è scoppiata una epidemia di scacchi. Successive inquadrature di particolari – un piede destro con calzino a scacchi alla sinistra di una scacchiera, un piede sinistro con calza ricamata a spighetta a destra – ci convincono della presenza di due giocatori. Ma una inquadratura più ampia ce ne rivela uno solo.
I personaggi principali della storia, mostrati con lunghi primi piani dei volti, nella cui intensità si nota una volontà caricaturale del regista, sono una donna che, abbandonata dal fidanzato – il quale le ha preferito gli scacchi -, decide di morire, e il campione del mondo José Raoul Capablanca. Questi entra in scena afferrando al volo la Regina nera che la giovane getta via dopo averla trovata in un capa_chess_feverpacchettino confezionatole da un farmacista al quale si era rivolta per avere del veleno. In una didascalia Capablanca (nella foto a fianco) confessa di essere disposto ad abbandonare gli scacchi per i suoi begli occhi e scaglia a sua volta lontano la Regina, che si conficca nella neve. Le parole del campione riescono a calmare la donna, facendola desistere dai propositi suicidi, e a instillarle addirittura l’amore per gli scacchi, attraverso il quale lei riuscirà a ritrovare l’amore perduto.
La dimensione epico-cosmica che caratterizza la pellicola, che pare voler portare fino al ridicolo e al paradosso le teorie filmiche dell’epoca, allo scopo di suscitare nello spettatore divertimento, anticipa le caratteristiche delle successive prove registiche di Pudovkin, da «La fine di San Pietroburgo» a «La madre». Gli scacchi fanno parte di un gioco di finzioni, specchio di una scomposizione dei processi mentali; lo scacchista si cala in un mondo simbolico, in cui tutto è funzionale al nulla. La partita di scacchi nella realtà non esiste: come il ritratto di José Capablanca, è una costruzione intellettuale.

È possibile visionare la pellicola su YouTube all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=NdXmtc56rsM